Perché tutti dovrebbero guardare Chef’s Table
Una galleria di ritratti che non dimenticherai tanto facilmente
In casa mi prendono tutti in giro perché cucino guardando in tv gente che cucina o che mangia, mangio guardando documentari e programmi tv legati al cibo e alla cucina, come Chef’s Table. Si, lo so, sono un pelo fanatica, ma giusto un po’. E da quando è arrivato Netflix in Italia (il 16 ottobre 2015) la mia vita è cambiata in meglio. Non scherzo.
Se non lo conosci, Netflix non è una televisione generalista, ma un contenitore di tantissime serie e programmi tv, oltre che un servizio di streaming online che negli Stati Uniti ha rivoluzionato la fruizione di serie TV e degli show televisivi. Basti pensare che non c’è neanche bisogno di selezionare il prossimo episodio di un telefilm, perché il sistema lo fa partire automaticamente, e a te non resta che abbandonarti mollemente alla gioia di 12 ore ininterrotte del tuo telefilm preferito. E dico 12 solo perché ogni tanto bisognerà pur alzarsi per evitare piaghe da decubito.
Oltre ai telefilm originali Netflix, che diciamocelo, sono bellissimi (mi viene in mente ad esempio “Orange is the new black”, “Stranger things” o “Bojack Horsman” o “Black mirror”, ma potrei continuare per ore), sulla piattaforma si trovano tantissimi documentari originali, tra cui appunto, “Chef’s Table”.
Chef’s Table
Chef’s Table è una serie di documentari sviluppata per Netflix da David Gelb, suddivisa in 3 stagioni da 6 puntate l’una in cui ogni puntata è incentrata sulla vita e sulla carriera di uno chef di fama mondiale. Ventiquattro chef molto diversi fra loro ma che hanno una cosa in comune: l’aver dedicato tutta la loro esistenza a una passione. Ispirazione pura.
Ma andiamo per ordine. Parto dalla sigla, che secondo me è una delle più belle e magistrali mai viste, varrebbe la pena guardare anche solo quella, tanto è fatta bene, pure mio marito, che non è un fanatico di cucina (ma se si tratta di mangiare la storia è diversa) rimane incantato tutte le volte che la vede.
Il contenuto di ogni singola puntata, magistrale pure quello (che te lo dico a fare?), si concentra su uno chef diverso e sul suo sguardo alla vita, al suo talento e alla passione che lo lega al mondo della cucina, mostrandone non solo la capacità creativa, ma svelandone anche il lato più umano, le paure e le difficoltà incontrate durante il percorso.
La prima stagione
Come dicevo, le tre serie si compongono di 6 episodi l’una, ognuna incentrata su un personaggio diverso. La prima stagione tratta sei tra i più grandi chef del mondo, con i loro ristoranti superstellati.
C’è Massimo Bottura, con la sua Osteria Francescana, che si è classificata come il terzo miglior ristorante del mondo. Dan Barber, che cerca di cambiare il modo di pensare il cibo, dalla coltivazione all’industria alimentare. Poi c’è Francis Mallmann, lo chef itinerante, che dalle remote terre della Patagonia cucina solo per chi vuole lui e ha fatto del fuoco e della vita all’aria aperta il suo credo. Niki Nakayama, con il suo pluripremiato ristorante di Los Angeles dove celebra la cucina kaiseki. Ben Shewry, che con il suo forte legame con la natura e sempre alla ricerca di nuovi sapori, ha reso famoso il suo ristorante australiano Attica. E poi c’è lo chef dei ghiacci, Magnus Nilsson, che ha aperto il suo ristorante lontano da qualsiasi città, lontano dalla maggior parte degli ingredienti freschi e ha creato Fäviken Magasinet, uno dei migliori ristoranti al mondo, nella sperduta Järpen, in Svezia.





La seconda stagione
La seconda stagione, tratta sei chef per cui non si tratta solo di cibo. Non si tratta solo di ristoranti. E non si tratta mai di cucinare secondo le regole.
C’è Grant Achatz, che vuole sfamare i commensali non solo attraverso il sapore e la bellezza dei piatti, ma anche con il mistero, l’emozione e la magia, c’è Alex Atala, chef e avventuriero brasiliano dallo spirito selvaggio che si basa sul suo amore per l’Amazzonia per mostrare a tutto il mondo come una mente aperta possa creare cose deliziose. Dominique Crenn, chef donna francese, che grazie al suo amore per la vita, la cucina e la famiglia, è diventata la prima chef con due stelle Michelin in America. C’è Enrique Olvera, che trasforma i cibi di strada e gli ingredienti tradizionali del Messico in piatti straordinari. Poi c’è Ana Roš, la chef slovena che utilizza ingredienti autoctoni per creare piatti sorprendenti. E per finire c’è Anand Gaggan, che grazie alla sua passione per il cibo tradizionale indiano, ha creato il miglior ristorante di tutta l’Asia.






La terza stagione
La terza stagione spazia da un tempio buddista ai ristoranti stellati e mostra sei audaci chef che spingono il mondo culinario in nuove direzioni.
Si parte con Jeong Kwan, monaca buddista che cucina per il tempio e si avvicina alla cottura come pratica spirituale, i cui pasti hanno messo in soggezione uno dei migliori chef del mondo. Poi c’è Vladimir Mukhin, che nel suo ristorante White rabbit di Mosca rievoca il vero spirito della cucina russa. C’è Nancy Silverton, guidata dalle ossessioni, prima per il pane e poi per la mozzarella. Ivan Orkin, chef Newyorkese che ha saputo diventare un idolo del Ramen in Giappone. Tim Raue, che è passato da una vita da strada ad essere l’innovatore che ha acceso la scena culinaria di Berlino guadagnandosi due stelle Michelin con i suoi sapori eccentrici e provocatori. E per finire c’è il peruviano Virgilio Martínez, che crea ecosistemi commestibili nel piatto, utilizzando ingredienti strani e sconosciuti provenienti da tutto il Perù.






Tralasciando il fatto che le riprese sono perfette e i piatti mostrati perfetti in ogni dettaglio, secondo me questa serie di documentari è un’ispirazione continua, perché mostra differenti modi di pensare e di interpretare le cose, offrendo sempre uno sguardo nuovo e diverso al mondo che ci circonda. Attraverso questi documentari ho scoperto e mi sono appassionata a nuovi personaggi, gente che, seppur nel limite del loro ambiente, tenta di cambiare il panorama culinario e alle volte ci riesce pure. E anche se si tratta “solo” di cucina e cibo, sentendoli parlare si passa subito oltre e si scopre che la loro è una vera e propria missione di vita. Una lezione che nessuno, a mio parere, dovrebbe perdersi. Insomma, è una serie che consiglio caldamente di guardare, anche a chi non è un fanatico di cucina.
Mi ringrazierai, già lo so.
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